Se c’è un elemento che più di altri contraddistingue chi abita nei piccoli borghi, è di certo il senso di comunità!
Non è il semplice senso di appartenenza ad un luogo, né il solo ritrovare la propria identità nella storia del proprio comune, ma è un vero e proprio riconoscersi in funzione dell’altro, percepire di poter essere propriamente se stesso solo in quanto parte degli altri e, così, sentire come propri anche i sogni e i bisogni degli altri.
In un contesto del genere, il volontariato trova un grande presupposto per attivare la propria opera di solidarietà.
Così, l’adoperarsi per realizzare la Tavolata di San Giuseppe, a Valledolmo, è molto di più del rinnovarsi di una tradizione: diventa un momento per “rifondare” l’essenza della comunità, che si ritrova, soprattutto dopo le difficili prove degli ultimi anni, ancora insieme, per rinsaldare i legami, per tener fede a quel patto non scritto di solidarietà, di prossimità, quell’esserci, che anima e regge le relazioni fra gli uomini e le donne di questi luoghi.
E come tutto questo si trasformi in realtà, traspare dalla cura che gli oltre 30 volontari hanno profuso per la preparazione della tavola, dei pani, degli addobbi, dei pasti, ma traspare anche dagli occhi pieni di commozione di chi ha trovato un posto apparecchiato proprio per sé, dall’emozione con cui Concetta Calabrese, Presidente della Confraternita di Misericordia di Valledolmo e vera anima del paese, racconta le fatiche ed i sorrisi, decrive i giorni della preparazione, fa l’elenco delle pietanze e delle persone intervenute, perché nulla è lasciato al caso, ogni elemento è studiato, preparato, voluto.
Ogni persona siede alla tavola di San Giuseppe con la sua storia, i suoi dolori e le speranze; ogni persona (e quest’anno sono stati 31 i “virgineddi” seduti al tavolo, mentre altri 90 pasti sono stati portati a chi non poteva muoversi da casa, per via del Covid o di disabilità) trova nella tavola un’altra storia, un altro dolore e un’altra speranza.
E tutti, nel ritrovarsi, ritessono le trame della storia di una comunità provata (dall’emigrazione, dalla pandemia, dai lutti) ma estremamente forte e fiera delle proprie origini.
Lo racconta bene Alessia, studentessa universitaria, a Valledolmo per un progetto con il Comune, che siede alla tavola accanto a Nino, e nelle sue parole scopre l’essenza di una comunità:
Oltre 600 visitatori hanno omaggiato la grande opera di questa comunità, che nei volontari della Misericordia trova sempre un punto di riferimento stabile, sia nelle difficoltà delle emergenze che nelle celebrazioni dei momenti di festa.