Quasi tutti si sono messi in gioco per l’emergenza. Buona parte si è inventato nuove iniziative e tanti hanno continuato a svolgere anche le proprie attività ordinarie. Sono gli enti del Terzo settore della Sicilia occidentale che hanno risposto al questionario CSVnet proposto dal CeSVoP a un migliaio di enti nella prima metà di maggio.
Chi ha risposto
Oltre 200 rispondenti, in gran maggioranza organizzazioni di volontariato (80%). Certo, non è un campione statisticamente rappresentativo. Ma è una porzione di enti no profit della Sicilia occidentale che ha deciso di raccontarsi. Di dire e far “vedere” cosa è stata (ed è) la grave e improvvisa crisi aperta dal Coronavirus.
Diciamo la verità, i sondaggi sono sempre qualcosa che metti da parte, soprattutto se sei nel mezzo dell’emergenza e, magari, ti stai facendo in quattro per essere utile e aiutare qualcuno. Eppure hanno risposto. Dando così elementi su quanto fanno i volontari che sono in prima linea sul fronte della crisi sociale da pandemia.
I dati
I dati che emergono dai 186 rispondenti (tolti doppioni e compilazioni errate) delle province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani danno la fotografia di una realtà unitaria, per quanto variegata e ricca di sfumature.
L’84% si è reso operativo da subito, con il 70% che si è adattato a nuove attività e un buon 75% che ha pure continuato l’ordinario. Ciò che ha assorbito le maggiori energie è stata la distribuzione di beni di prima necessità, sia a domicilio che attraverso centri di distribuzione, mense e raccolte alimentari (41%). Ma non manca chi ha garantito supporto telefonico (13%), protezione civile (11%), volontariato sanitario (8%) ed educazione a distanza (6%). In posizioni defilate la realizzazione di mascherine (3%) e la consulenza per la tutela dei diritti (1%).
Fra le difficoltà più grandi da affrontare la carenza di risorse economiche (23%), la mancanza di dispositivi di protezione (20%), di volontari (15 %) e di beni di prima necessità (10,5%). Gli enti si sono dedicati soprattutto agli anziani (21%), ai minori (16%), alle persone sole o in quarantena (18%, considerando anche i senza fissa dimora) e ai disabili (19%, aggiungendo le persone con disagio mentale). E, comunque, non hanno dimenticato i migranti (8%) le persone a rischio (6%) e le famiglie (4%).
I partner
In questa fase di notevole impegno, i partner più frequenti sono stati i comuni e altre realtà no profit. A seguire le collaborazioni con: Caritas e parrocchie, dipartimento regionale di protezione civile e CeSVoP. Un po’ meno presenti le interazioni con aziende sanitarie provinciali, imprese e scuole.
Ad essere penalizzate dall’onda d’urto del Covid-19 sono state le attività ordinarie. Fra queste, ad esempio, i servizi e le iniziative per il tempo libero e le attività culturali (33%). Oppure, le attività formative ed educative (24%) così come l’assistenza alle persone in difficoltà (17%). Insomma, tutte quelle azioni che gli enti di terzo settore svolgono “di presenza”, favorendo la socializzazione e la vicinanza fra le persone. Naturalmente, il «restiamo a casa» le ha interrotte bruscamente.
I volontari
Per quanto, in questo periodo, si sia percepita la sensazione di una maggiore solidarietà fra le persone, gli enti di terzo settore non hanno notato un grosso incremento di nuovi volontari. Dalle loro risposte emerge un aumento solo del 18%, mentre ce ne sarebbe stato bisogno di almeno tre volte tanto. Volontari necessari per affrontare l’aumento della povertà, la solitudine, le difficoltà nella gestione domestica e/o finanziaria, e tutte le problematiche psicologiche (depressione, difficoltà di convivenza, supporto a bambini e l’acuirsi di patologie psichiatriche) emerse con l’avvento del Covid-19.
Chi non ha potuto operare
Nell’insieme del terzo settore della Sicilia occidentale, vi è stato anche chi ha dovuto rinunciare ad operare. Il 16% degli enti rispondenti, infatti, dichiara di non aver svolto attività per l’emergenza. Lo ha fatto, in maggioranza, per rispettare i decreti governativi (56%), per indisponibilità di sedi (16%), per carenza di volontari (11%) e di dispositivi protettivi (11%).
Il ruolo del CeSVoP
Infine, quali servizi vengono richiesti al CeSVoP in questa fase. Nelle risposte degli enti, la priorità primaria è il reperimento dei dispositivi di sicurezza. A seguire: la fornitura di apparecchiature telematiche, la formazione per i volontari e l’esigenza di trovarne di nuovi. Un certo rilievo, poi, viene dato alla consulenza assicurativa (questione cruciale nella pandemia), all’imparare a gestire le piattaforme online e alla facilitazione dei rapporti con le amministrazioni locali. Un po’ più defilata, ma comunque rilevante nelle risposte, è la richiesta di sostegno del CeSVoP nel: supporto al fund/people raising; consulenze sulla riprogrammazione delle attività; diffusione di notizie e appelli; consulenze sulle normative in genere e quelle specifiche.
In conclusione
L’insieme di tali esigenze rivela la complessità di questioni e problematiche che il terzo settore della Sicilia occidentale ha dovuto affrontare. Come pure quante soluzioni ha saputo trovare.
Purtroppo. è una situazione che non passerà presto e che non si limita alla crisi sanitaria. Il CeSVoP, con questa consapevolezza, ha offerto e offre servizi specifici e straordinari agli enti impegnati nell’emergenza. Ne sta mettendo in campo altri, per promuovere e potenziare sia l’azione dei volontari che ancora si adoperano sul fronte della crisi, sia quella di coloro che intendono attivarsi per favorire la ripartenza e la ricostruzione.
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